Arme dei Macedonio: vaiato d'azzurro e d'argento al leone d'oro.
Arme dei Macedonio di Maione: vaiato d'argento e d'azzurro alla banda d'oro attraversante, caricata di un leone rosso.
© Napoli - Stemma della Famiglia Macedonio, marchesi di Oliveto.
Le origini della famiglia Macedonio non sono certe, due le ipotesi formulate:
1) famiglia originaria di Napoli;
2) casato proveniente dalla Macedonia, risalente alla dinastia Macedone e, più precisamente, discendente di Tessalonica, figlia di Filippo II di Macedonia e di Nicesipoli di Farete, moglie di Cassandro re di Macedonia, sorellastra di Alessandro Magno, figlio di detto Filippo II e di Olimpia.
I Macedonio, insieme ai de Dura, ai di Gennaro, ai Pappacoda, ai Venato e agli Strambone, possedevano lo iuspatronato sulla chiesa di San Pietro a Fusariello ubicata nella contrada del Fusario, chiamata così perchè si immergeva la canapa nelle acque correnti che in quel luogo confluivano in abbondanza.
© Napoli - Fontana Spinacorona
Le sei famiglie amministravano il seggio detto “Aquario”, così chiamato per la presenza di numerose fonti d’acqua, alcune delle quali anche curative. Con la riforma angioina iniziata da re Roberto e proseguita nel 1420 dalla regina Giovanna II si abolirono i sedili minori e i nobili appartenenti ai seggi “Aquario” e “dei Griffi” furono d'autorità aggregati al sedile di Porto, la cui sede si trovava nei pressi della chiesa di S. Giovanni Maggiore, non lontana dalla fontana Spinacorona, dove si lavoravano le trine dei tessuti con l'acqua che sgorgava limpida dai seni della sirena Partenope, proveniente da una grotta posta al di sotto di casa d'Afflitto.
Tra i personaggi della famiglia si ricorda:
Bartolomeo Macedonio che insieme ad altri nobili finanziò la guerra di Carlo I d'Angiò contro Corradino di Svevia.
Teseo fu Cameriere e Consigliere di Carlo I e poi di Carlo II ed ebbe in dono le terre di Mola e Faggiano.
Galeotto Macedonio fu governatore della provincia di Principato ultra.
Pietro Macedonio, insieme a Giovanni de Dura, Antonio Origlia, Leonetti Pappacoda e Benedetto Sirignano, aiutò con mezzi e uomini Carlo di Durazzo a spodestare la zia Giovanna I, cingere la corona di re di Napoli con il nome di Carlo III di Durazzo.
Leone Macedonio fu sindaco di Napoli e in seguito nominato viceré delle Calabrie dal re Alfonso I d'Aragona e da questi discendono i rami calabresi, i cui membri a partire dal XV secolo furono cavalieri di Malta.
Marcello Macedonio (Napoli, 1582 † 1620), patrizio napoletano, gesuita, fu poeta e scrittore in Napoli.
Nella chiesa di S. Pietro Martire di Napoli vi è la cappella gentilizia dei Macedonio con il monumento sepolcrale di Pietro Macedonio, morto nel 1437, vestito da guerriero, con le braccia incrociate sul petto. Egli fu, tra l’altro, governatore degli Abruzzi, ambasciatore di re Ladislao in Cipro ed in Armenia, Siniscalco del Regno di Napoli.
Napoli - Chiesa di S. Pietro Martire - oggi Cappella delle Università di Napoli
Nella cappella vi è anche la lastra tombale di Antonio e Padovano del 1516, voluta da Luigi Macedonio; altra lapide ricorda Alessandro Macedonio, morto nel 1777. Sulla tomba di detto Pietro e di Leone Macedonio, Vicario delle Calabrie, si legge l'epitaffio, a fianco riportato:
Hic requiescit corpus Magnif.
Domini Petri Macedonij de Neap.
militis Regis Ladislai et Regine Ioanne II
Senescalli. ob. 1432. 20 Januarij.
Hoc est sepulcrum Magnif.
Militis Domini Leonis Macedoni.
1464
© Napoli - Stemma dei Macedonio di Maione dei duchi di Campora
Un ramo dei MAcedonio, che ebbe il ducato di Campora adottò il cognome di MACEDONIO DE MAIONO o DE MAIONE volendo così evocare la leggendaria discendenza del casato da Alessandro Magno (MAGNO-MAIOR-MAIONO).
Napoli - Chiesa Santa Maria la Nova - il soffitto dorato impreziosito da 46 dipinti - una delle tante mete del turismo d'arte.
Giovanni Vincenzo è considerato il capostipe di questa linea; sposò donna Antonia Venato figlia di Giovan Battista, Patrizio Napoletano, e di Lucrezia Torres. Dal matrimonio nacque:
1) donna Elena Macedonio de Maiono;
2) don Andrea Macedonio, Patrizio Napoletano, che nel 1604 comprò la terra di Campora e sposò donna Andreana Miroballo.
In Napoli nella chiesa di S. Maria la Nova vi è il sepolcro di detto Giovanni Vincenzo Macedonio, ove si legge il seguente epitaffio:
IOANNI VINCENTIO MACEDONIO
VIRO PATRICIO
IURE CONSULTO ET PATRONO INSIGNI
REGIO LIBIT.DIIUDICANDIS CONSILIARIO
ANTONIA VENATO
PERPETUIS OBRUTA LACRYMIS
CONIUGI CONCORDISS ET INCOMPARABILI
VIX ANN XLII OBIT M DLXV
HIC DIEM PERDIDISSE AIEBAT
IN QUO ALIQUEM NON IVVASET
Don Nicola Saverio Macedonio, 6° barone di Poligori e vice-principe di Roccella nel 1790, ereditò dal ramo napoletano dei Macedonio, duchi di Grottolelle, marchesi di Ruggiano, Oliveto, Capriglia e Tortora e signori dell’isola di Nisida, tutti i titoli della famiglia a seguito della morte senza discendenza di don Francesco III Macedonio, 6° ed ultimo duca di Grottolelle del ramo napoletano, (nato a Napoli il 4 sett. 1783 e morto ivi il 4 aprile 1834) e in forza delle clausole dell'investitura originaria del titolo duca di Grottolelle, dato ai Macedonio dal Re Filippo IV di Spagna il 4 giugno 1646, i titoli passarono al cugino primogenito collaterale Nicola Saverio Macedonio, da cui il primogeniito Vincenzo Mcedonio gireconsulto e Cavalier di Malata, da cui Raffaele, Da cui Eugenio, da cui Tommaso da cui Roberto Macedonio Junior che sposa la principessa Giovanna Aprile von Hohenstaufen Puoti Macedonio da cui Francesca, Patrizia,Tommaso Eugenio, Erminia Macedonio, ultimi duchi Di Grottolella, Marchesi di Ruggiano, Tortora, Capriglia, Signori di Nisida ,ecc, baroni di Poligori.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento